Il governo italiano ha approvato un provvedimento destinato a cambiare sensibilmente la struttura dei costi dei carburanti. Si tratta dell’aumento delle accise diesel, una misura inserita nel decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri il 13 marzo 2025. L’obiettivo è chiaro: riallineare le accise su benzina e gasolio, colmando l’attuale divario tra i due carburanti, in risposta alle richieste dell’Unione europea legate al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).
Aumento accise diesel: la differenza con quelle sulla benzina
Ad oggi, la differenza di accise tra diesel e benzina ammonta a 11,1 centesimi al litro. La tassa sulla benzina è fissata a 0,7284 €/l, mentre quella sul diesel è a 0,6174 €/l. Il nuovo piano del governo prevede che entro il 2030 entrambe convergano a un valore comune di 0,6725 €/l. Per farlo, è previsto un incremento graduale delle accise sul diesel, tra 1 e 1,5 centesimi all’anno, e una contestuale riduzione su quelle della benzina di pari importo.
Questo processo è motivato da una spinta europea a eliminare i cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi”, che nel caso del settore trasporti ammontano a 3,1 miliardi di euro, su un totale di 12,45 miliardi all’interno di 78,7 miliardi complessivi destinati a incentivi o agevolazioni dannose per l’ambiente.
Nel dettaglio, i sussidi ambientalmente dannosi (Sad) sono agevolazioni fiscali o contributi che, sebbene offrano vantaggi economici a consumatori o produttori, finiscono per incentivare pratiche nocive per l’ambiente. Nel caso del gasolio, la sua tassazione inferiore rispetto alla benzina è stata storicamente giustificata da due fattori principali: una maggiore efficienza dei motori diesel – e quindi minori consumi – e il loro impiego prevalente nel trasporto merci.
Questa scelta aveva anche un’origine legata a un’errata convinzione: il diesel veniva considerato più “ecologico” della benzina per via delle minori emissioni di CO₂. Tuttavia, con il tempo si è scoperto che il gasolio rilascia una quantità maggiore di inquinanti nocivi come ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili, estremamente dannosi per la salute umana e per l’ambiente urbano.
L’intervento sulle accise, secondo il governo, ha anche una funzione strategica in chiave europea. Rientra infatti in un piano più ampio che mira a sostenere la transizione ecologica e la decarbonizzazione del settore mobilità, in linea con gli obiettivi UE. Già nel Piano strutturale di bilancio di medio termine del dicembre 2024, l’esecutivo aveva indicato l’allineamento delle accise tra le azioni chiave per aumentare l’efficienza del sistema fiscale e accompagnare la transizione energetica nazionale.
Le reazioni dei consumatori: l’aumento è sensibile
Tuttavia, l’aumento delle accise diesel ha già scatenato dure reazioni da parte delle associazioni dei consumatori, che stimano un aggravio per gli automobilisti tra i 15 e i 22 euro all’anno. Seppur contenuto in termini assoluti, il rincaro viene percepito come un ulteriore peso sui bilanci familiari già provati dal caro carburante degli ultimi anni.
Il provvedimento, dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri, è ora atteso al vaglio del Parlamento. Se il testo non subirà modifiche, l’entrata in vigore è prevista entro il 2026, dando così avvio alla fase di implementazione quinquennale che culminerà nel 2030.
Al di là degli aspetti fiscali, è utile ricordare che le accise carburanti rappresentano una delle quattro componenti fondamentali del prezzo finale di benzina e gasolio, insieme a IVA, prezzo industriale e margine lordo. La fiscalità incide per oltre il 55% sul prezzo alla pompa: nel dettaglio, il 58,6% per la benzina e il 55,1% per il diesel.
A tal proposito, il differente impatto fiscale sulle due tipologie di carburante ha generato nel tempo una distorsione nei consumi e negli acquisti di veicoli, con un boom del diesel negli anni 2000, poi ridimensionato da nuove normative ambientali e dalle restrizioni sempre più diffuse nelle aree urbane.
Le auto diesel sono vendute sempre di meno
Oggi il diesel è in costante calo nelle immatricolazioni, superato in quota di mercato anche dalle auto elettriche, mentre si fa strada una nuova consapevolezza ambientale e tecnologica. La riforma delle accise vuole accompagnare e accelerare questo cambio di paradigma, pur senza colpire eccessivamente il trasporto merci, che resta in larga parte ancorato al gasolio.
Nel quadro più ampio, la misura rappresenta un tassello della strategia fiscale green voluta da Bruxelles, che punta all’eliminazione progressiva di tutte le agevolazioni contrarie agli obiettivi di neutralità climatica. Per ricevere i fondi del PNRR, l’Italia ha dovuto dimostrare impegno concreto anche nella riforma dei meccanismi fiscali considerati in contrasto con la sostenibilità.
In attesa dell’esame parlamentare, il dibattito resta aperto: da una parte, la necessità di allinearsi agli obiettivi europei; dall’altra, l’urgenza di tutelare cittadini e settori produttivi da aumenti che rischiano di riflettersi a cascata su prezzi e tariffe.
In sostanza, il riallineamento delle accise benzina-diesel è una misura che, pur impopolare, viene presentata dal governo come inevitabile per rispondere alle richieste europee e favorire la transizione energetica. I prossimi mesi saranno decisivi per capire se e come verrà modificata, ma una cosa è certa: il diesel, una volta il re della mobilità privata e commerciale, è destinato a perdere ulteriormente il suo vantaggio fiscale.